Il Cloud PBX (Private Branch Exchange), cioè il sistema telefonico hosted o virtuale in cloud, ormai è un modello di comunicazione di ampio utilizzo che sta sostituendo i centralini aziendali analogici. Si calcola che il suo valore di mercato dovrebbe passare dai 5,48 miliardi di dollari del 2021 ai 18,86 miliardi nel 2029. A guidare questa crescita concorrono soprattutto due fattori: la migrazione progressiva delle architetture aziendali verso ambienti cloud e l’integrazione della telefonia con piattaforme UCC (Unified Communication & Collaboration) che comprendono canali di comunicazione video, instant messaging, strumenti di conferencing e di condivisione dei documenti. Queste tendenze, che hanno avuto una spinta “forzata” a causa della pandemia, oggi riguardano qualsiasi organizzazione e sono al centro di alcuni dei provvedimenti più importanti previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Basti pensare che il Piano destina 9,75 miliardi di euro per la digitalizzazione, innovazione e sicurezza della PA. 

Come entra il Cloud PBX nel PNRR 

“La trasformazione digitale della PA segue un approccio ‘cloud first’, orientato alla migrazione dei dati e degli applicativi informatici delle singole amministrazioni verso un ambiente cloud”. È quanto si legge nel PNRR. E ancora: “Le amministrazioni potranno scegliere all’interno di una lista predefinita di provider certificati secondo criteri di adeguatezza rispetto sia a requisiti di sicurezza e protezione, sia a standard di performance”. Da queste frasi si ricava che anche gli apparati telefonici presumibilmente si ispireranno ai criteri della digitalizzazione, con focus soprattutto sul cloud. Quindi, il cloud PBX entrerà di diritto (qualora non sia presente) negli uffici della pubblica amministrazione a tutti i livelli, centrale e locale. Il che apre le porte a tutte quelle realtà che propongono questo tipo di sistemi al mondo delle imprese. Con la differenza che i requisiti di certificazione e di accreditamento per qualificarsi come fornitore della PA sono diversi rispetto a quelli tipici del libero mercato. 

Consigli per system integrator e/o reseller 

Un system integrator o un reseller che intendesse proporre alla pubblica amministrazione un cloud PBX, oltre a iscriversi al portale Mepa di Consip, dovrebbe partire anzitutto dalla verifica della qualità delle tecnologie che desidera commercializzare. E questo vale anche nel caso in cui sia già un fornitore della PA per altre soluzioni digitali, poiché l’eventuale estensione del portafoglio di offerta non deve andare a danneggiare il rapporto in essere. Oltre alla qualità del cloud PBX, poi, è importante valutare il partner program del vendor, analizzando la gamma di servizi di supporto, la solidità della piattaforma e dei data center dove questa è installata, l’assistenza tecnica, i piani di formazione e certificazione, l’ampiezza della community di riferimento. Proprio quest’ultimo aspetto viene enfatizzato dal PNRR, quando sostiene che “la transizione al cloud è funzionale anche allo sviluppo di un ecosistema di imprese e startup in grado di integrare e migliorare l’offerta e la qualità di prodotti software per la PA”. 

Abilitare il cambiamento con il cloud PBX 

La dimensione dell’ecosistema è probabilmente uno degli elementi chiave per posizionare il cloud PBX all’interno dei processi di digitalizzazione della PA. Lo è sia in relazione al network di competenze che ruota attorno al vendor, sia perché il cloud PBX dialoga nativamente con piattaforme di terze parti, sia infine per la stessa pubblica amministrazione chiamata a essere traghettata nel suo percorso di digital transformation. “Per le PA locali minori, che non hanno la massa critica per una gestione individuale, verrà resa obbligatoria l’aggregazione in raggruppamenti ad hoc per l’esecuzione dell’attività di trasformazione/migrazione” c’è scritto infatti nelle pagine del PNRR. Questo significa che qualunque soggetto promotore di un Private Branch Exchange virtuale deve essere consapevole di interpretare un ruolo che va oltre quello di mero venditore di tecnologie di ultima generazione. Un ruolo che incarna la funzione strategica di abilitatore del cambiamento attraverso la digitalizzazione dei processi di comunicazione e collaborazione delle istituzioni.

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